21 Maggio 2015

Mille colpi di frusta per un blog

«Colpevole» di aver lottato per la libertà di espressione e di religione in uno degli stati più restrittivi del pianeta, il blogger e attivista dei diritti umani Raif Badawi è stato condannato a dieci anni di carcere ed a 1000 colpi di frusta.

Condannato a mille colpi di frusta: Raif Badawi, blogger e attivista dei diritti umani (Wikimedia: Ensaf Haidar)

La preghiera del venerdì è terminata da pochi attimi, la piazza davanti alla moschea al-Jafali di Jeddah è ancora gremita di persone, quando si ferma un bus dal quale agenti di sicurezza fanno scendere un uomo molto magro. I suoi guardiani lo trascinano in manette davanti al luogo di preghiera e, prima di legarlo ad un palo, lo mettono a torso nudo. Sotto gli occhi della folla, che con macchine fotografiche e telefonini filma quanto sta avvenendo, il prigioniero viene frustato. Quindici minuti e cinquanta colpi di frusta più tardi, gli agenti caricano l‘uomo, insanguinato ed esausto, sul pulmino e vanno via.

Questo episodio, successo il 9 gennaio 2015 a Jeddah è solo l‘inizio di una pena brutale: il giovane Raif Badawi è stato condannato a mille colpi di frusta, cinquanta ogni venerdì. Dovrà, inoltre, pagare una multa di un milione di ryial (circa 253 000  franchi / 240 000  euro), scontare dieci anni di prigione, e subire il divieto di viaggiare nei dieci anni seguenti la scarcerazione. Di che crimine si è reso colpevole Raif Badawi per meritare una tale punizione?

Offesa all‘Islam e divulgazione di propositi miscredenti

Raif è stato educato diversamente da molti suoi coetanei; non soltanto possiede un senso notevole della giustizia, ma ha anche il coraggio di esprimere le sue critiche. Ha fondato il blog Free Saudi Liberals (Liberali sauditi) col quale offre ai critici del regime una piattaforma per dibattiti religiosi e politici, e nel quale egli stesso polemizza sulla tutela religiosa dello stato saudita; a tale problema, e ad alcuni politici, sono rivolti i suoi commenti sarcastici.

Ben presto il blog richiama l‘attenzione delle autorità: nel 2008 l‘autore, allora ventiquattrenne, è arrestato per la prima volta con l‘accusa di gestire una pagina web che schernisce l‘Islam. Poco dopo Badawi è rimesso in libertà e lascia il paese, per tornarvi quando l‘accusa è ritirata. Il 17 giugno 2012 è nuovamente arrestato: da allora vive in detenzione. Questa volta gli sono imputati vari capi d‘accusa, i più gravi dei quali sono lo scherno alle autorità religiose attraverso Internet e l’apostasia. Il giovane dissidente ha in effetti dichiarato che Musulmani, Giudei e Cristiani sono uguali ed ha espresso su Facebook il suo sostegno a quest’ultimi.

Dopo un procedimento penale durato alcuni mesi, il verdetto definitivo è stato emesso il 7 maggio 2014. L‘accusa di apostasia, fortunatamente, è decaduta dal momento che Badawi ha dichiarato ai giudici di essere musulmano, pur ribadendo che ognuno dovrebbe avere il diritto di scegliere il proprio credo. È stato comunque giudicato colpevole per divulgazione di propositi miscredenti e per offesa all‘Islam.

Nemmeno una chiesa

L‘Arabia Saudita è uno dei regimi più restrittivi al mondo; vi predomina il Wahhabismo, interpretazione particolarmente rigida dell‘Islam; in essa, Corano e Sunna (la tradizione delle opere e parole del profeta Maometto) hanno valore di costituzione. La legislazione è fondata sulla Shari‘a (diritto islamico tradizionale) e sulle raccomandazioni di un consiglio formato da venti studiosi religiosi che sostengono il re. L‘osservazione della legge è garantita dalla Mutawwi‘a, la polizia religiosa. Questi agenti sono subordinati direttamente al sovrano; ufficialmente non possono detenere una persona per più di ventiquattro ore, stabilire punizioni o sottoporre cittadini a interrogatori. In realtà, molestano innocenti, arrestano persone da loro ritenute arbitrariamente sospette e le fanno frustare.

Formalmente, i 28 milioni di abitanti che conta il paese, sono tutti musulmani, per la maggior parte sunniti. In realtà, gli sciiti sono il 10 % della popolazione e nel paese vivono anche diversi milioni di cristiani, quasi tutti lavoratori stranieri provenienti soprattutto da Africa e Asia meridionale. Questo numero rilevante di individui è vittima di continue discriminazioni sia da parte delle autorità amministrative e giudiziarie, sia dalla stessa società. Ai cristiani è vietato dichiarare pubblicamente la propria fede: sono, infatti, loro proibiti i luoghi adibiti a chiesa, le manifestazioni religiose, l‘evangelizzazione, l‘importazione di letteratura cristiana, le riunioni in case private, la celebrazione di matrimoni, funerali e battesimi secondo il loro credo, dare nomi cristiani ai figli e possedere Bibbie. Prigione ed espulsione dal paese ospitante spettano a chi infrange queste costrizioni. La sorte dei musulmani che si convertono al Cristianesimo è ancora più dura: l‘apostasia dall‘Islam è punita con la pena di morte. I neo-convertiti non hanno altra scelta che vivere la loro fede di nascosto, mantenendo il segreto, spesso anche con la propria famiglia.

Libertà per Raif Badawi

Per essersi impegnato pubblicamente a favore di una società saudita più aperta che include anche persone di altre religioni, Raif Badawi è stato condannato ad una pena corporale brutale. Dopo i primi cinquanta colpi di frusta subiti a gennaio, la pena è stata sospesa a causa del peggioramento delle sue condizioni di salute. Nel 2013, Ensaf Haidar, sua moglie, ha ricevuto con i loro tre bambini asilo politico in Canada, da dove lotta per la vita e la libertà del marito. In seguito alle proteste internazionali, il caso potrebbe presto essere riaperto.


Il nuovo re Salmane bin Abdulaziz

Successo al fratello Abdallah sul trono dell‘Arabia Saudita, dopo la morte di quest‘ultimo, il 23 gennaio 2015, Salmane è stato per 48 anni governatore della provincia di Riad e poi, dal 2011 ministro della difesa. Ha largamente contribuito allo sviluppo della capitale, che ha visto evolvere da una cittadina nel deserto ad una metropoli con sette milioni di abitanti. Settantanovenne, recentemente ha subito un colpo apoplettico. All‘inizio del suo regno, ha lanciato un segnale chiaro di politica estera, ordinando alle forze aeree saudite di bombardare le posizioni dei ribelli Huthi nel vicino Yemen. Le oltre 2000 incursioni effettuate finora hanno causato circa mille morti e migliaia di feriti.

 


Arabia Saudita – petrolio e terrore

Gli ingentissimi giacimenti di petrolio hanno fatto dell’Arabia Saudita un paese ricco ed influente. È, infatti, il primo esportatore mondiale di petrolio e nel Medio-Oriente è uno degli alleati più stretti degli USA. Tuttavia, il paese è uno dei più importanti finanziatori dell’islamismo radicale e dell’intolleranza religiosa.

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