Liberazione degli schiavi – come funziona?

Nel Sudan del Sud l’impegno di CSI in favore della liberazione degli schiavi viene molto apprezzato.

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Dal 1982 al 2005 nel Sudan del Sud imperversava la guerra civile. Il Nord arabo-islamico impiegava tra l’altro le così dette milizie Janjawid contro gli abitanti del Sud, principalmente africani cristiani e animisti. La strategia di queste milizie a cavallo consisteva nell’assalto ai villaggi: gli uomini venivano massacrati, il bestiame rubato, le donne e i bambini fatti schiavi e deportati nel Nord.

Affrancati in cambio di medicine

Nel 1995 CSI venne a conoscenza del fenomeno grazie a un rapporto dell’allora inviato speciale dell’ONU Gaspar Biro. CSI intraprese ricerche proprie, che confermarono ampiamente la drammatica realtà degli assalti ai villaggi e della tratta degli schiavi. I capi delle regioni colpite cercavano di aiutarsi stipulando accordi con i commercianti nomadi arabi, che contro compenso si impegnavano a cercare persone scomparse per liberarle. CSI aiutò i capivillaggio a sviluppare strategie più efficienti e nel contempo attirò l’attenzione pubblica sul terribile dramma degli schiavi in Sudan. Di conseguenza gli USA in particolare esercitarono una notevole pressione sul governo del Nord, così che le irruzioni delle milizie Janjawid si fecero sempre più sporadiche. Dagli accordi di pace del 2005 non si sono più verificati rapimenti. Tuttavia secondo stime prudenti si pensa che a tutt’oggi ci siano oltre 20 000 sudanesi del Sud trattenuti come schiavi, tra cui molti nati in stato di schiavitù.

Attualmente CSI mantiene una rete di collaboratori che si recano nel Nord dove liberano schiavi. Dall’indipendenza del Sudan del Sud nel 2011 anche sceicchi locali sono impegnati nell’operazione: questi contribuiscono a esercitare pressione sui proprietari di schiavi affinché li cedano. Oggi gli schiavi non vengono più affrancati in cambio di denaro ma di medicine per il bestiame (Novidium).

Ritorno a casa

Quando i liberatori hanno raccolto un certo numero di persone liberate, le conducono nel Sud in determinati centri di raccolta. Lì sono registrati da collaboratori locali di CSI. In seguito vengono informati i capi dei rispettivi villaggi e le parrocchie di origine. Una volta accertata la presenza di parenti fra i liberati, i responsabili delle comunità si recano nei centri di raccolta per riportare finalmente a casa gli appartenenti al loro villaggio.

Ai rimpatriati viene offerta assistenza medica e tutti ricevono un aiuto materiale di base: un sacco CSI con utensili di prima necessità, tra cui una tanica per l’acqua, una pentola, una rete antizanzare, una coperta, una falce, un amo da pesca con corda, una grossa razione di miglio e una capra da latte. n Benjami Doberstein

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